venerdì 29 dicembre 2017

Sofisti

Chi sono i sofisti?

Il termine sofista, che nell'antichità significava ''sapientissimo'', nell'età odierna significa invece sofisticati, ad esempio i cibi contraffatti e dannosi alla salute. Nel significato di questo termine sembrano essere confluite quelle connotazioni negative che al movimento sofistico erano attribuite dai filosofi posteriori, ad esempio da Platone e da Aristotele. 
I sofisti si muovono nel contesto culturale dell'Atene del V secolo, esprimendo un'inedita libertà di spirito e un'attitudine ad utilizzare in modo spregiudicato la ragione in tutti gli ambiti. Il loro fine principale è quello del sapere, inteso come unico fondamento della virtù. Si trattava di una virtù adatta al nuovo clima culturale e al nuovo ambiente cittadino caratterizzato dalla democrazia. La nuova virtù coincideva con la capacità di vivere in società, di saper partecipare ai pubblici dibattiti, di essere in grado di convincere gli altri della propria idea, di assumere decisioni rapide e condivisibili. Una virtù comportava la padronanza ampia e sicura del linguaggio e della parola. I sofisti si dedicano a formare i giovani per renderli adatti alle nuove esigenze della vita sociale, mirando a offrire loro un sapere che abbia un risvolto pratico o operativo. Si impegnano ad addestrarli nella complessa ''arte politica'', consapevoli che, non si può arrivare a una verità unica e assoluta, come pretendevano i filosofi precedenti, sia possibile individuare verità condivise e convenienti alla società, sostenendole con parole convincenti. 


Protagora 
 Protagora era un pensatore famosoper l'affermazione: "L'uomo è misura di tutte le cose; delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono". Tale affermazione può avere diverse interpretazioni in quanto l termine "uomo" può essere inteso come individuo singolo e quindi le cose appaiono diverse a seconda dei punti di vista soggettivi. Oppure il termine "uomo" può essere interpretato come "umanità, genere umano", quindi la percezione della realtà dipende dalla conformazione mentale degli uomini. Un'altra interpretazione del termine "uomo" è quella di attribuirgli il significato di "civiltà" o "popolo". L'uomo pertanto è il criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose. Ciò che emerge dal pensiero di Protagora è una visione relativistica, cioè non esiste una verità assoluta, ma a seconda del punto di vista si devono ammettere diverse interpretazioni delle cose. Allo stesso modo non c'è una legge naturale e universale che stabilisca ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, cosa è bene e cosa è male.
Il relativismo di Protagora riconduce tutte le conoscenze al contesto umano, sociale e culturale in cui si sono formate, pertanto la sua concezione può essere considerata come una forma di "umanismo" perchè l'uomo è sempre il punto di riferimento di ogni giudizio sulla realtà.
Secondo Protagora il criterio di giudizio è rappresentato dall'utile. Lo strumento necessario per confrontare le varie posizioni e dialogare per raggiungere una prospettiva condivisa è la parola. Coloro che possiedono strumenti logici ed espressivi più efficaci possono convincere gli altri della validità delle proprie posizioni. Il metodo protagoreo, o metodo dell'"antilogia" consiste nel persuadere l'uditore mediante un linguaggio chiaro, semplice e convincente e si fonda sul preupposto che ogni su cosa sia sempre possibile addurre argomenti a favore e contrari.
Protagora affermava che lo sviluppo della civiltà era dovuto alle tecniche con cui l'uomo trasforma l'ambiente naturale, ma soprattutto c'era bisogno che si sviluppasse la politica. La politica deve essere posseduta indifferentemente da tutti gli uomini.

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 Gorgia
Il relativismo dei valori aveva come conseguenza la possibilità di avere due o più punti di vista differenti su un medesimo avvenimento. Agli occhi di alcuni un'azione può apparire virtuosa e agli occhi di altri malvagia, ciò significa che su tale azione è possibile costruire più di un discorso. Il sofista Gorgia si fa interprete del principio secondo cui il linguaggio non si identifica più con l'essere. Gorgia sostiene una forma di "scetticismo metafisico" secondo cui non esiste nulla di oggettivo.
Gorgia asserisce che:
- l'essere non esiste, la sua esistenza comporterebbe contraddizioni logiche;
- se anche esistesse non potremmo conoscerlo in quanto il pensiero non rispecchia la realtà;
-  se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole in quanto hanno una natura diversa rispetto alle cose.
Egli riconosce quindi che è impossibile affermare una verità assoluta intorno all'essere in quanto l'uomo non ha gli strumenti adeguati, e inoltre pone una frattura insanabile tra il pensiero e l'essere e tra le parole e le cose. La credibilità delle affermazioni viene ancorata alla forza delle parole, non più ad una verità riconoscibile da tutti. Il linguaggio è un gioco è una forza ammaliatrice che permette di dominare e influenzare i sentimenti degli uomini.
Per Gorgia l'esistenza è irrazionale e misteriosa e gli uomini sono soggiogati da forze incontrollabili come il fato, il caso, le passioni. Un'esemplificazione di queste tesi è rappresentata dall'Encomio di Elena. Lo scopo dell'orazione era quello di dimostrare l'innocenza di Elena che, soggiogata dall'amore per Paride, lo segue a Troia scatenando così una guerra. Secondo l'argomentazione gorgiana ci sono quattro possibili spiegazioni del comportamento di Elena:
- per decreto degli dei o della necessità;
- sotto la pressione della violenza fisica;
- perchè persuasa dalle parole di Paride;
.- perchè vinta dalla passione amorosa.

Gli sviluppi della sofistica
Gorgia perviene ad una visione nichilistica che nega la possibilità di conoscere la realtà in modo oggettivo e universale e in più non ammette che ci possano essere conoscenze e discorsi utili all'interno di una comunità di uomini. Pertanto a Gorgia non resta altro che concentrare l'attenzione sul linguaggio che viene misurato in base alla sua efficacia nel conquistare il consenso degli ascoltatori.Il tema del linguaggio è molto importante anche per Prodico di Ceo, un oratore politico e educatore che ebbe un interesse per l'etimologia delle parole. Secondo lui le parole nascevano da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose. Egli sviluppò una raffinata "arte dei sinonimi" classificando le varie sfumature dei differenti vocaboli aventi lo stesso significato con lo scopo di evidenziare una connessione tra il nome e la cosa. 
Un altro ambito di riflessione è quello delle origini delle leggi, della loro validità e della loro continuità o meno rispetto alla natura. Ippia e Antifonte teorizzarono la superiorità della legge di natura, uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari Stati. Secondo loro in base alla legge di natura gli essere umani sono tutti uguali, mentre le leggi mettono in atto ogni sorta di discriminazione e ineguaglianza.
Trasimaco invece affermò che le leggi sono strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli.
Dopo la dissoluzione del movimento sofistico inizio una trasformazione della retorica in "eristica", che significa "arte di battagliare" al fine di ottenere una battaglia sull'avversario. Essi confutavano le tesi dell'interlocutore senza preoccuparsi della loro intrinseca verità o falsità e senza tenere conto di alcuna considerazione morale.
 

 

Ippocrate e la medicina scientifica

La medicina come modello della scienza

 

martedì 26 dicembre 2017

EMPEDOCLE, ANASSAGORA E DEMOCLITO

Empedocle, le radici dell'universo

Un fisico pluralista è Empedocle di Agrigento. Lui nel poema sulla natura descrive la nascita dell'universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata, lo sfero, in cui mescolano e confondono il fuoco, l'acqua e l'aria, che rappresentano le ''quattro radici'', cioè i quattro elementi primordiali. Tali principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi, come l'essere di Parmenide. Ciascuno di essi può essere suddiviso in parti più piccole, ma ogni particella cosi ottenuta conserverà sempre la medesima qualità che aveva all'interno.
Egli ipotizza che vi sono due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all'unione e alla separazione dei principi originari. Mescolando o separando le quattro radici, tali forze determinano la generazione e la disoluzione di tutte le cose. Se il principio degli ionici si trasformava qualitativamente nel dare vita agli oggetti della realtà, per Empedocle la nascita e la morte sono attribuite alla mescolanza e alla separazione di elementi originari che rimangono qualitativamente inalterabili e intrasformabili. 
Secondo Empedocle, dalle cose si sprigionano effluvi che colpiscono gli organi sensoriali, e le parti simili dei nostri organi riconoscono le parti simili di tali effluvi provenienti dalle cose. Gli uomini per il filosofo possono aspirare a conoscere il ritmo di tutta la realtà. Questo è il senso del suo insegnamento, espresso con chiarezza nei versi in cui dissuade il giovane Pausania. Tre le cose che il giovane Pausania deve conoscere vi è il fatto che quello che gli uomini chiamano ''male'' è determinato proprio dall'irruzione della contesa sulla scena del mondo, irruzione rappresentata dal racconto più grave di tale decadenza, agli occhi di Empedocle, è stata l'uccisione degli animali a scopo sacrificale. Uccidendo e nutrendosi delle carni degli animali si commette ingiustizia ed empietà, come se si uccidessero dei consanguinei, perchè un solo spirito, una sorta di anima, prevade l'universo, che è unico grande organismo vivente, di cui tutti gli esseri sono partecipi. Nel suo poema Empedocle da una parte ci offre una descrizione poetica dell'universo dominato dall'amore e dalla concordia a cui l'umanità deve tendere nonostante l'azione della forza contraria: dall'altra, si rivela attento all'esperienza e all'osservazione concreta. Empedocle oltre a spiegare il mondo nelle sue caratteristiche fisiche, pare essersi anche attribuito una missione terapeutica. Nelle purificazioni l'autore si presenta ai concittadini di Argigento come un dio immortale , ornato di fiori e di bende, seguito da una moltitudine di uomini e donne che gli chiedono guarigioni. A loro Empedocle promette la liberazione degli affanni e dal dolore che nascono dal timore della morte e dall'ignoranza. Gli uomini devono giungere alla consapevolezza che la morte non esiste, perché il loro essere non si distruggerà, ma tornerà ad unificarsi. Nei 400 versi delle sue opere che ci restano si respira un'atmosfera di ammirata comparteciapazione alla vita della natura e l'ardente aspirazione a guarire l'uomo.








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  Anassagora, una delle prime figure di ''scienziato''
Anassagora, che può essere considerato il primo vero ''scienziato'', visse e operò ad Atene, dove ebbe anche il merito di portare e diffondere per la prima volta la riflessione filosofica. Lui riteneva che il sole non fosse una divinità ma una semplice massa infuocata. Ciò che colpisce oggi è la sua attitudine a trattare i fenomeni non come frutto di misteriose, ma come effetti di cause naturali. Anassagora mostra di avere una percezione delle dimensioni e della configurazione dell'universo migliore di quella dei suoi predecessori. Egli diceva che il sole ci appare piccolo perché dista molto da noi, ma in realtà è più grande del Peloponneso.  Inoltre dice che non appartiene alla Terra bensì ruota intorno alla Terra. Sosteneva che la luna, pur essendo più piccola del sole, ci appare più grande perché è più vicina al nostro pianeta.

La teoria dei semi 
Anassagora elabora la sua teoria dei semi, particelle piccolissime e invisibili di materia che, combinandosi danno origine a tutte le cose visibili. Queste particelle differiscono per la quantità, sono infinitamente divisibili e inifinte in quantità e numero. Intervengono nella composizione di ogni cosa, nel senso che in ogni cosa, oltre alla qualità di semi prevalente che ne determina la natura, sono sempre presenti anche i semi di tutte le altre sostanze, pur in misura piccolissima. Ecco perché Anassagora afferma che '' tutto è in tutto'': in ogni cosa troviamo i ''semi'' di ogni altra cosa. Anassagora giunge alla conclusione che il concetto di ''seme'' possa spiegare tutte le trasformazioni che avvengono in natura. All'inizio, egli dice, tutto era uno, i semi erano confusi insieme. Poi si è avuto il processo di differenziazione e di separazione degli elementi, con cui la realtà è diventata variegata. Gli esseri viventi passano da uno stadio in cui sono un tutto elementare e confuso, a formare organismi con caratteristiche specifiche. In tutte le cose però vi è una base comune e ereditaria costituita da infiniti elementi invisibili.

Il noùs come principio ordinatore 
Anassagora per spiegare l'orgine dell'universo ricorre all'azione di una forza che chiama intelligenza, la quale determina il movimento causa della separazione e composizione dei semi secondo un ordine razionale. L'intelligenza di Anassagora aveva la funzione di ordinare, controllare e spiegare la realtà naturale. E' un'energia illimitata, dotata di forza propria ed ha la funzione di dare forma al caos originario. L'intelligenza ha generato in particolare un movimento vorticoso  nel caos primordiale in cui i semi erano congiunti in maniera confusa, e ciò ha provocato la separazione degli elementi opposti e ha fatto in modo che si formassero gli astri del cielo.
Anassagora aveva la consapevolezza della complessità del problema della struttura della materia e che ci fossero ambiti  che i sensi non erano in grado di esplorare adeguatamente, pertanto era richiesto l'utilizzo della ragione. Per dimostrare ciò Anassagora fece un esperimento, prese due recipienti contenenti un liquido nero in uno e nell'altro un liquido bianco e travasò goccia dopo goccia uno dei due liquidi nell'altro. Nel composto doveva esserci un mutamento del colore a ogni nuova goccia caduta; eppure ciò non era visibile all'occhio prima che fosse caduto un numero abbondante di gocce. Si tratta di una semplice dimostrazione dei limiti della percezione dei sensi e della necessità di integrala nell'intelletto.
 
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Democlito, la teoria degli atomi
Democlito voleva risolvere il conflitto tra le dottrine del mutamento e quelle della permanenza. Egli lo affronta elaborando una visione materialistica dell'universo, in cui mutamento e permanenza sono tenuti insieme e conciliati. Per Democlito gli elementi originari e fondamentali dell'universo sono gli atomi, particelle minime e indivisibili di materia di cui tutte le cose sono costruite. Gli atomi sono infiniti e identici tra loro dal punto di vista qualitativo ma differiscono per quanto riguarda gli aspetti quantitativi. Aggregandosi e disgregandosi essi determinano la nascita e la morte di tutte le cose. Si può osservare come gli atomi di Democlito abbiano le stesse caratteristiche dell'essere di Parmenide: essi sono elementari
  • semplici
  • indivisibili
  •  ingenerati ed eterni
  • uniformi
  • immutabili 

Democlito doveva riconoscere oltre all'essere, l'esistenza del vuoto, ossia del non essere. La materia, o atomo, è per lui il pieno assoluto, il vuoto è il nulla assoluto. L'affermazione dell'esistenza del vuoto è da considerarsi uno dei punti più originali del pensiero di Democlito. Il suo sistema non ammette alcun principio divino che possa giustificare il movimento: quest'ultimo è affidato al caso, è un moto vorticoso e caotico. In sintesi si può affermare che la concezione del mondo di Democlito si presenta come:
  • meccanicista poiché tutti i fenomeni vengono spiegati mediante processi fisici e quindi meccanici.
  • deterministica tutto ciò che avviene nell'universo è determinato da una causa necessaria
  • materialistica in quanto non ammette altra realtà se non la materia
  • esclude ogni ipotesi di Dio
Democlito suddivide il metodo scientifico in tre momenti
  1. la conoscenza sensibile
  2. l'elaborazione intellettuale dei dati dell'esperienza
  3. la formulazione di una legge  
Per il filosofo di Abdera esistono una conoscenza oscura e una genuina: la prima è quella  che si ferma al livello della conoscenza sensibile, la seconda è quella che, grazie all'intelletto, è in grado di stabilire le qualità oggettive della realtà. Il suo ragionamento fu: se la divisibilità di può ammettere da un punto di vista teorico, nella realtà non è possibile pensare di dividere all'infinito la materia, perché in questo modo si arriverebbe alla non materia, cioè al non essere. Ma dal nulla non può nascere l'essere e pertanto bisogna ammettere che vi siano dei costituenti minimi della materia non ulteriormente divisibili:gli atomi. La sostanza materiale complessiva dell'universo non cambia, non può aumentare né diminuire: essa è eterna, come è eterno il movimento nel vuoto degli atomi che lo compongono.
 Per Democlito all'origine della vita c'è l'acqua, da cui nascono anche gli uomini. In un primo tempo essi vivevano rozzamente, quasi come belve; in un secondo,per difendersi dalle fiere, impararono ad aiutarsi e a riunirsi in società. Essi appresero tecniche dagli animali. Il linguaggio ha invece una natura convenzionalistica. L'esperienza e la pratica, illuminate dalla ragione, furono, per Democlito, le grandi ''maestre'' degli uomini. Anche l'etica di Democlito è legata alla mentalità razionalistica in quanto considera la ragione come unica guida dell'esistenza. Per il filosofo Abdera il bene più alto è la felicità; questa non risiede nei piaceri dei sensi bensì nell'interiorità dell'anima.

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lunedì 18 dicembre 2017

PARMENIDE

PARMENIDE E IL PENSIERO DELL'ESSERE

Parmenide visse a Elea in un ambiente culturale e intellettuale aristocratico. Scrisse un poema in versi intitolato "Sulla natura", di cui ci restano il proemio e vari frammenti delle parti dedicate alla verità e all'opinione. Nella sua opera si riflette l'aspirazione ad una sapienza sacrale e di ascendenza sacertodale. Il messaggio di Parmenide è: l'essere è, e non può non essere, mentre il non essere non è, e non può essere. Ciò significa che solo l'essere esiste, il non essere non esiste e non può neanche essere pensato. Il termine "essere" per Parmenide è ciò che è comune a tutti gli enti e che esiste nella pienezza assoluta e perfetta, eterna e immobile. Ontologia significa "discorso sull'essere", quindi lo studio sull'essere in quanto essere. Parmenide ha una visione del mondo statica e conservatrice, ostile al cambiamento e alle innovazioni, ma le sue tesi vengono valutate attentamente e sostenute da argomentazioni razionali.
Parmenide parte dal presupposto che il mondo non possa derivare dal nulla, in quanto tutto ciò che deriva dal nulla sarebbe destinato a farvi ritorno. La filosofia ha il compito di dare il senso alle cose, quindi escludere il nulla. I caratteri dell'essere secondo Parmenide sono:
- l'essere è ingenerato e imperituro; l'essere non può nascere in quanto niente può derivare da ciò che non esiste, e l'essere è anche immortale.
- l'essere è eterno, perchè non ha né passato, né futuro;
- l'essere è immutabile e immobile, non può subire trasformazioni;
- l'essere è infinito; secondo Parmenide l'essere è una sfera omogenea e da ogni parte identica a se stessa.
I principi logici introdotti da Parmenide sono:
- il principio di identità; l'essere è ed è identico a se stesso;
- il principio di non contraddizione; l'essere è, dunque non può non essere;
- il principio del terzo escluso; ogni cosa o è o non è, è da escludere una terza posizione.



Zenone e i paradossi logici

 Un fedele discepolo di Parmenide era Zenone di Elea, il quale sosteneva che chiunque si fosse discostato dall'insegnamento di Parmenide sarebbe caduto in una serie di contraddizioni logiche. Le due tesi sostenute da Parmenide erano: l'essere è uno e l'essere è immutabile. Zenone respingeva coloro che affermavano:
- la pluralità dell'essere e delle cose, cioè i pitagorici;
- il movimento, cioè Eraclito.
Il metodo che utilizza Zenone per affermare che si cade nell'assurdo se si ammette che la realtà è mutevole e molteplice consiste nell'ammettere la tesi dell'avversario per poi tornare a quelle opposte del suo maestro.
Uno dei celebri argomenti zenoniani, chiamati paradossi, è quello di "Achille dal piede veloce". Achille è impegnato in una gara con una tartaruga. Nonostante la tartaruga abbia un vantaggio, quando Achille avrà raggiunto il punto di partenza della tartaruga la stessa avrà compiuto un altro breve tratto. Achille dovrà raggiungere questro nuovo breve tratto, ma nel frattempo la tartaruga ne avrà compiuto ancora un altro, e così via, senza che Achille la possa raggiungere.
Questa argomentazione si basa sul presupposto che lo spazio è divisibile in infinite parti, quindi un corpo in movimento non arriverà mai alla sua meta dovendo percorrere infiniti spazi. Aristotele cercò di risolvere questo rompicapo affermando che lo spazio fisico reale è sempre finito, quindi nel caso della gara, Achille raggiungerà la tartaruga perchè lo spazio che li divide è reale e perciò finito.





 

ERACLITO

Eraclito e l'esperienza del divenire

Eraclito visse nella città di Efeso tra il VI e il V secolo a.C., fu discendente da stirpe reale, aristocratico, altezzoso, schivo e solitario. La sua unica opera era intitolata "Intorno alla natura" ed era composta da aforismi brevi ed enigmatici e per questo gli venne dato l'appellativo di "oscuro".
I due nuclei tematici del pensiero di Eraclito sono:
- il flusso universale;
- il logos e la legge dei contrari.

Il flusso universale
Secondo il pensiero di Eraclito nel mondo non c'è nulla che sia in uno stato di quiete; tutto è costantemente in movimento. C'è conflitto nelle città dove gli artigiani e i commercianti andavano contro al potere dell'aristocrazia. C'è conflitto nella natura dove elementi come acqua, fuoco, aria e terra sono in opposizione tra loro e l'uno genera l'altro. Quindi tutto muta costantemente, anche l'uomo.
Per Eraclito il fuoco è l'elemento mutevole e distruttore per eccellenza, pertanto per lui è il principio originario. Dal fuoco hanno origine tutti gli altri elementi. Il fuoco, però, è soprattutto il simbolo della legge segreta secondo cui i contrari si unificano in una superiore armonia.

Il logos e la legge dei contrari
Secondo la Dottrina di Eraclito, dietro alla trasformazione delle cose si nasconde un ordine razionale visibile solo ai filosofi, ai saggi. Il conflitto tra gli elementi contrari (il bene e il male, l'amore e l'odio", sono inscindibili e complementari, cioè vivono l'uno in relazione all'altro. Con il termine logos Eraclito indica la legge fondamentale dell'universo. Logos significa "ragione". In base a questa legge l'armonia e la razionalità si ottengono dalla conflittualità degli elementi, cioè dalla contesa e dallo scontro dei contrari.


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martedì 10 ottobre 2017

I pitagorici e la concezione matematica della natura



 I PITAGORICI E LA CONCEZIONE MATEMATICA DELLA NATURA

La grandezza di Mileto durò poco. Nel 499 a.c. le città della Ionia, sotto la guida del tiranno di Mileto, si ribellarono al potere dei persiani che nel 546 a.c avevano occupato il territorio. La città di Mileto fu distrutta e i suoi abitanti uccisi o indotti in schiavitù. Il centro della vita culturale della Grecia si spostò nelle colonie greche dell'Italia meridionale e della Sicilia, dove emigrarono molte personalità fuggite dall'Asia Minore. Queste città, splendide e potenti, erano del tutto indipendenti dalla madrepatria. In una di queste, la bella e ricca Crotone, venne a stabilirsi Pitagora e vi fondò una nuova scuola filosofica, la Fratellanza Pitagorica, un'associazione politico-religiosa di carattere aristrocatico ed aveva un'atmosfera quasi sacrale. Molti caratteri della scuola pitagorica fanno pensare a una setta religiosa, in cui venivano segiute regole ascetiche ed era praticata la comunione dei beni. I discepoli si differenziavano in acusmatici, ai quali era imposto il silenzio e una rigida disciplina di comportamento; e matematici, i quali potevano fare domande ed esprimere opinioni personali e ai quali venivano rilevate le dottrine più impegnative del maestro.
Le dottrine fondamentali dei pitagorici riguardano essenzialmente due argomenti; 
-la dottrina dell'anima
-la dottrina del numero
Pitagora non era mosso tanto dalla curiosità per i fenomeni naturali, quanto dal desiderio di tracciare una via di purificazione per l'anima, concepita come un principio divino e immortale imprigionandosi nel corpo per una colpa originaria. Si tratta di una dottrina ripresa dall'orfismo, un movimento religioso sorto verso il VI secolo a.c e molto diffuso in Grecia. Gli orifici ritenevano che, dopo la morte, l'anima fosse destinata a reincarnarsi fino all'espiazione. La ricerca di Pitagora si concentra nello studio dei mezzi per ottenere la liberazione dell'anima dalla vita materiale; tali strumenti sono da lui individuati in una prassi di vita ascetica, che imlpica l'obbedienza a precetti molto severi, ma soprattutto nell'esercizio della filosofia. Accanto al tema della cura dell'anima, l'altro nucleo rilevante del pensiero dei pitagorici è rappresentato dalla dottrina del numero, di cui sono stati i primi teorici nel mondo greco. Tra le due dottrine c'è ne un nesso molto stretto. La vita dell'uomo saggio o ''filosofo'', infatti, si caratterizza per l'ordine e la misura  con cui sa tenere a freno gli istinti del corpo.





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  Quest'ordine che il saggio deve apprendere ed eleggere a regola di vita pervade tutto l'universo o ''cosmo'', in ogni sua manifestazione. Se contempliamo la volta celeste, non possiamo fare a meno di restare ammirati dal moto regolare e ordinato degli astri. Lo stesso si dica per le melodie musicali, per tutte le arti, cosi come per il succedersi delle stagioni, dei mesi e dei giorni. E' sulla base di queste osservazioni che i pitagorici arrivano ad afferamare che la vera sostanza delle cose non risiede nell'acqua, nell'aria, ma nel numero.


IL NUMERO COME PRINCIPIO COSTITUTIVO DELLA REALTA'

 I pitagorici non si fermano a una concezione del numero come strumento di conoscenza: essi, infatti, arrivano come il vero e proprio principio generatore. Per i Greci il numero non era qualcosa di astratto, ma aveva caratteristiche fisiche e geometriche. I pitagorici rappresentavano l'unità con un punto dotato di estensione spaziale: un numero era contemporaneamente una figura geometrica e, viceversa, uan figura geometrica corrispondeva a un numero. Sulla base di questo il matematico Filolao mostrò dall'unità-punto si possano generare gli altri numeri e tutti i corpi fisici, secondo il seguente modello:                                
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4. solido (piramide)



Se il numero è la sostanza delle cose, per capire i rapporti tra di esse dobbiamo fare riferimento ai rapporti tra i numeri: poichè questi ultimi si dividono in pari e dispari anche le cose hanno una nautura duplice e opposta. Da un lato vi è il dispari, che è un'entità limitata, simbolo della perfezione, del bene, della forma; dall'altro vi è il pari, che è un'entità illuminata, simbolo di imperfezione, di disordine, caos, materia. I pitagorici confermano che il 2, pari, ha una struttura illimitata, cioè incompleta; il 3, dipari, presenta una struttura chiusa, definita e perfetta.
Ora tra questi aspetti c'è una lotta soltanto apparente, perchè la natura profonda delle cose tende all'armonia e alla conciliazione; la diversità si risolve in una superiore unità.
Nella dottrina pitagorica quasi tutti i fenomeni della vita hanno una relazione con i numeri, tanto che questi ultimi sono assunti a simboli dell virtù sociali. Ad esempio il numero 1 rappresenta l'intelligenza, immobile e identica a se stessa; il numero 2 esprime, invece, l'opinione sempre mutevole e incerta; il 4 raffigura la giustizia. Il 10 è il numero perfetto: raffigurato come un triangolo che ha come lati il 4, esso contiene sia il pari e il dispari. Su di esso -la sacra figura di tetractys- i pitagorici erano soliti prestare il loro giuramento di fedeltà all'associazione


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                Tetractys


























domenica 10 settembre 2017

Gli ionici e il problema dell'arché

Gli ionici e il problema dell'arché

I filosofi cercavano una risposta a domande come: "Qual è l'origine del mondo? Come si spiega la vita sulla terra?",  e i primi ad innaugurare tale stile di pensiero furono Talete, Anassimandro e Anassimente, tutti e tre di Mileto. Questi filosofi possedevano conoscenze di carattere tecnico-scientifico e cercarono di spiegare i fenomeni atmosferici e metereologici ricorrendo a cause naturali e non più mitiche. Loro furono i primi ad avere individuato un principio originario da cui tutte le cose derivano, cioè l'archè. L'archè rappresenta la materia di cui sono fatte le cose, la forza che le ha generate e la legge divina ed eterna che le governa.
Su Talete vi è un aneddoto narrato da Platone in cui sbadatamente, intento a studiare i fenomeni celesti, cade in un pozzo e una serva che lo vide commentò dicendo che tutti i filosofi hanno la testa tra le nuvole. Ciò testimonia che le persone semplici e poco colte avevano un'immagine negativa della filosofia.
Aristotele, però, raccontò un altro aneddoto in cui dimostrò che Talete non era affatto una persona distratta e che utilizzava le conoscenze metereologiche per arricchirsi. Talete agì anche come uomo politico, matematico e fisico. Talete pensava che il principio di tutte le cose fosse l'acqua in quanto ogni cosa vivente ne è intrisa, e facendo riferimento al parto poichè il neonato viene alla luce "rompendo le acque" in cui è stato per nove mesi. Per spiegare l'origine dell'universo Talete, a differenza degli altri, utilizza solo argomentazioni razionali.
Anassimandro, invece, per spiegare l'origine dell'universo individua la sostanza primordiale in un principio indeterminato chiamato àpeiron, che significa "senza confini", "sconfinato", in quanto ritiene che il principio da cui derivano le cose non si identifichi con una di esse, ma sia una sostanza indistinta.
Anassimandro ritiene che le cose derivano dalla sostanza primordiale mediante un processo di separazione in cui si generano infiniti mondi destinati a dissolversi e ricomporsi. La separazione è causa della molteplicità e della differenza tra gli esseri, del loro contrasto e delle guerre, ed è per riparare a questo male che tutti gli esseri viventi devono morire.
Anassimene identifica il principio primordiale con l'aria in quanto è la forza che anima il mondo e il principio di ogni mutamento. Il filosofo spiega la trasformazione e la generazione delle cose attraverso i principi di condensazione e rarefazione.

sabato 9 settembre 2017

All'origine della filosofia 

La prima forma di riflessione filosofica si è sviluppata, secondo gli studiosi, nei secoli VII-VI a.C. in Grecia. Il termine "filosofia" significa "amore per la sapienza", un amore che nasce dal senso di meraviglia dell'uomo per la varietà e la bellezza delle cose. Aristotele fu un importante pensatore greco e lo stesso affermava che tutti gli uomini tendono per natura alla conoscenza in quanto è tipico degli esseri umani chiedersi il perchè di ogni cosa. La sapienza che cerca il filosofo è ciò che permette di chiarire gli aspetti fondamentali della vita.
La riflessione filosofica si sviluppò inizialmente nelle colonie greche della Ionia in Asia Minore in cui si respirava un'atmosfera di libertà e vivacità intellettuale. In tale periodo vi fu la prima forma di democrazia in cui si rivendicava la pari dignità e uguali diritti politici per tutti. 
In Grecia vi erano molte scuole filosofiche, cioè gruppi di uomini che conducevano una vita comune in una forte solidarietà di pensieri e di azione. Tali comunità il più delle volte erano laiche e inizialmente non miravano all'insegnamento, ma erano vere e proprie comunità di vita dove si mettevano in comune difficoltà e dubbi e si condividevano scelte e soluzioni pratiche.
I principali filosofi che operavano nelle seguenti scuole furono:
- gli ionici: Talete, Anassimandro e Anassimene;
- i pitagorici: Pitagora e la comunità dei suoi allievi;
- gli eraclitei: Eraclito e i suoi discepoli;
- gli eleati: Parmenide;
- i fisici pluralisti: Empedocle, Anassagora e Democrito. 
Socrate, Platone e Aristotele rappresentarono il pensiero più maturo della filosofia greca e classica e a loro si ispirarono altri pensatori e scuole filosofiche di tutti i tempi.  





               




































                                                                                                                       
                                                                                                                                                
                                                                                                                           

giovedì 20 aprile 2017

L'educazione nel mondo greco

LA GRECIA ARCAICA E I POEMI DI OMERO

Le testimonianze più antiche di una qualche forma di educazione provenienti da quest'area sono i miti. In particolare sono giunti fino a noi due poemi: l'Iliade e l'Odissea. 
I poemi sono grandi narrazioni di personaggi eroici. L'Iliade e l'Odissea sono attribuite a un cantore cieco: Omero. In realtà, non si sa molto di questo personaggio e se ne mette in dubbio la reale esistenza. Omero non ha fatto altro che raccogliere e unificare leggende precedenti diffuse nell'area greca. Nei poemi omerici compare il concetto di areté. Questo termine significa la virtù nel sensodi capacità o abilità. Esistono quindi varie areté.
L'Iliade racconta l'assedio della città di Troia, in Asia Minore a opera degli Achei: qui ci troviamo di fronte all'areté guerriera. Gli eroi sono esempi, modelli educativi di virtù belliche.
L'Odissea narra delle peregrinazioni attraverso il Mediterraneo di Ulisse. Si può dire che quest'opera prevalga l'areté intellettuale.

ESIODO E L'ARETE' DEL MONDO CONTADINO 

Accanto a Omero va ricordato Esiodo. Per un periodo è stata negata una vera unità alle sue opere più famose, la Teogonia e le Opere e i giorni, considerate soltanto un ''assemblaggio di poesie''. 
Nella Teogonia, un poema in 1022 versi forse incompiuto, Esiodo, dopo aver parlato dell'origine dell'universo, elenca le generazioni degli dei corrispondenti ai tre periodi della storia del mondo: Urano, Crono, Zeus.
Nelle Opere vengono affrontati  i due concetti fondamentali del lavoro e della giustizia, esposti riccorendo al mito di Prometeo e a quello delle cinque età degli uomini. oltre alle esortazioni al lavoro e alla giustizia sono presenti consigli di morale e di economia; seguono i precetti sui lavori agricoli e sulla navigazione e infine i consigli per il matrimonio e i rapporti con gli amici. L'areté descritta da Esiodo è dunque quella del mondo contadino greco delle origini.

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 I SOFISTI E LA NASCITA DELLA PAIDE'IA 

Sotto la guida di Pericle, ma anche nei decenni successivi, la città è il luogo di attività dei principali protagonisti della cultura greca del periodo, i sofisti, Socrate e Platone. 
Il termine sofista indica i primi insegnanti a pagamento degli aspiranti politici. I sofisti intendono insegnare l'areté politica, cioè la tecnica con cui un uomo politico può sostenere in pubblico le proprie tesi e sconfiggere quelle degli avversari. La nuova virtù consiste nell'abilità dialettica e retorica, cioè nell'arte del linguaggio. 
Le tecniche insegnate dai sofisti sono due:
- la dialettica, che consiste in un serrato dialogo tra due o più interlocutori, nel quale ciascuno cerca di provare razionalmente la validità delle proprie posizioni confutando quelle dell'avversario;
- la retorica,  che consiste in lunghi discorsi con i quali persuadere un vasto uditorio.
E' importante notare che i sufisti non identificano la conoscenza con la verità: 
- Protagora di Abdera afferma: "L'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono"; ciò significa che la verità è quella che gli uomini decidono sia tale;
 - Gorgia da Lentini afferma a sua volta: "Nulla è; seppure qualcosa è, non è conoscibile seppure conoscibile, non è comunicabile"; quindi tutto sta nelle nostre capacità di persuasione.
Per queste parole i sofisti sono stati accusati di scetticismo, perchè hanno affermato che non è possibile conoscere nulla con certezza, e di nichilismo, perchè hanno affermato che non esistono verità assolute. Essi hanno però avuto il grande merito di contribuire alla democratizzazione della politica e del sapere, sostenendo l'insegnabilità della virtù a tutti e di conseguenza l'importanza dell'istruzione e dell'educazione. Essi dunque hanno posto l'uomo e la città al centro della loro attenzione filosofica e nella polis sono stati i primi insegnanti di professione che si sono dedicati alla formazione dell'uomo politico. 

SOCRATE: LA FORZA  DEL DIALOGO

Una delle figure fondamentali per lo sviluppo non solo della pedagogia, ma di tutto il pensiero occidentale: Socrate. Socrate dedica la sua vita alla filosofia; ai suoi allievi non trasmette un insegnamento tecnico, ma morale. Socrate insegna ai suoi interlocutori che molte loro convinzioni sono solo opinioni infondate e li conduce alla continua ricerca della verità. Socrate attraverso il dialogo sottopone gli interlocutori ad un complesso gioco di domande e di risposte, mettendo alla prova le loro convinzioni. Sotto i colpi delle obiezioni di Socrate, le tesi degli avversari crollano, perchè si rivelano contraddittorie. Questa confutazione apre la strada ad un'autentica ricerca della verità. Questo aspetto del metodo socratico è chiamato maieutica, un termine che in greco indica l'arte della levatrice. Socrate infatti paragona la propria attività a quella di sua madre, che era una levatrice; come la madre aiuta le donne a partorire corpi, così Socrate aiuta le menti a partorire idee. Ma il pensatore ateniese non possiede quella verità che induce a cercare. Egli si proclama ignorante, con un atteggiamento che viene definito ironia socratica. Socrate è considerato lo scopritore dell'anima come coscienza: l'uomo è la propria anima e l'anima è la sede dell'attività pensante e dell'attività morale. I veri valori, per Socrate, non sono i beni esteriori; i valori da coltivare sono quelli dell'anima, e in primo luogo la conoscenza; è in questo modo che l'essere umano ottiene la libertà e la felicità. La posizione di Socrate prende il nome di ottimismo etico, ed è stata ritenuta intellettualistica, perchè, appunto, si affida alla ragione e alla conoscenza, e sui presunti benefici immediati che ne dovrebbero conseguire.

 
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La motivazione

LA MOTIVAZIONE
La motivazione è un fattore dinamico del comportamento umano che attiva l'organismo verso una meta. La motivazione è strettamente legata a un ''bisogno'' ossia uno stato di tensione provocato dalla mancanza di qualcosa avvertito dal soggetto come nescessario. Lo psicologo Maslow ha interpretato i fattori motivazionali come bisogno dell'individuo , che classifica secondo una precisa gerarchia rappresentata da una piramide.


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 Lo studioso Kuhl ha distinto due tipi di orientamento motivazionale: uno concentrato sull'azione, proprio di individui in grado di realizzare con decisione i propri propositi; l'altro centrato sulla situazione, caratteristico di chi invece resta prigioniero delle possibili alternative, e non riesce a passare all'azione. Le nostre spiegazioni di quanto accade vengono chiamate attribuzioni:
 -attribuzione interna: attribuire a se stessi la causa di ciò che avviene;
-attribuzione esterna: attribuire a motivi indipendenti della nostra azione quanto accade significa rinunciare a ''costruire'' la propria vita.
Questo concetto è stato elaborato da Rotter. A seconda di dove si è collocato il locus of control, l'individuo si sente resposablizzato o deresponsablizziato. 
Un locus of control esterno deresponsabilizza, ma anche il locus of control interno presenta un aspetto negativo, quando il soggetto si attribuisce la responsabilità di eventi estranei a suo controllo.
Lo psicologo Weiner ha individuato tre aspetti fondamentali del processo di attribuzione: 
-internalità, che riguarda la collocazione della causa di un certo fenomeno: interna al soggetto o esterna.
-stabilità, ossia il carattere costante o mutevole della causa,
-controllabilità,cioè la possibilità o meno del soggetto di controllare la causa.









 

martedì 14 marzo 2017

Film Stella


FILM STELLA
 Stella è una ragazzina di unidi anni e vive a Parigi con i suoi genitori sopra al bar che gestiscono. La ragazza non riceve molta attenzione dai suoi genitori. Frequenta  il primo anno di una scuola prestigiosa dove all'inizio si sente esclusa e poi stringe amicizia con Gladys, figlia di ebrei intellettuali. Stella è abituata a frequentare i clienti del bar e per questo rischia la bocciatura. Grazie alla sua amica Gladys, Stella inizia ad ottenere voti positivi a scuola. Le due amiche iniziano a trascorrere molto tempo insieme. Con il tempo Gladys ha ottenuto la fiducia di Stella e per questo le ha confidato quanto le succdeva.

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 Motivazione: E' un fattore dinamico del comportamento umano che attiva l'organismo verso una meta. La motivazione è strettamente legata a un "bisogno", ossia uno stato di tensione provocato dalla mancanza di qualcosa avvertito dal soggetto come necessario.

Motivazione intrinseca: Essa porta ad interpretare un'attività perchè è di per sé motivante. In questo caso l'individuo si attiva per divertimento o per sfida o senza interesse verso la ricompensa o pressioni esterne.

Motivazione estrinseca: Motivazioni sostenute da rinforzi esterni (vantaggi, riconoscimenti, avitamento di conseguenze spiacevoli).

domenica 5 febbraio 2017

Metacognizione

METACOGNIZIONE:

La metacognizione è la consapevolezza e la capacità di riflettere sui propri e sugli altrui stati interni riuscendo così a prevedere il proprio comportamento e quello degli altri tra cui sensazioni, sentimenti, disagi, ecc..

domenica 29 gennaio 2017

Insegnante ed allievi

LA COMUNICAZIONE NELL'ATTIVITA' EDUCATIVA:
 La comunicazione educativa è una trasmissione di informazioni tra l'insegnante e l'allievo. Il messaggio deve essere trasmesso in maniera efficace e il dialogo tra i due deve essere basato sulla partecipazione di entrambi che si devono preouccupare l'uno della reazione dell'altro.

RUOLI E FUNZIONI DEL DIALOGO EDUCATIVO:

Due termini importanti nella sociologia sono status e posizione. Lo status è la posizione che una persona occupa nella società e la posizione è il comportamento tenuto dalla stessa. Nella relazione educativa lo status è il rapporto tra insegnante e allievo, quindi un rapporto tra un superiore e un inferiore. L'insegnante però è una guida, o un facilitatore, che deve realizzare un compito collettivo. 

L'INSEGNANTE E IL GRUPPO CLASSE:

Il dialogo tra insegnante e allievo dipende da vari fattori. L'immagine che l'allievo ha elaborato dell'insegnante (severo, accondiscendente, ecc.) incide sul suo comportamento. Un ragazzo però è molto sensibile al giudizio del gruppo classe al punto tale da modificare il suo comportamento in base all'opinione della classe stessa. Lo psicologo Marcel Postic rileva che il gruppo classe è caratterizzato da:
-un gruppo di bambini o adolescenti;
-un solo adulto, l'insegnante;
-presenza obbligatoria con un'unica finalità, istruirsi;
-un ambiente attrezzato, la classe.
I rapporti all'interno del gruppo possono essere influenzati da fattori esterni, come l'ambiente di provenienza di ogni alunno, l'estrazione sociale, ecc., fattori che possono far nascere dei sottogruppil.
Esistono due tipi di gruppo classe, il gruppo che accetta le regole e quello che segue un orientamento basato sul comportamento dei compagni di classe. Oggi si ritiene che l'allievo subisce varie influenze, da una parte vorrebbe svolgere il compito scolastico e dall'altra il gruppo gli impone di trasgredire le regole scolastiche. In questo modo il ragazzo può impegnarsi in modo discontinuo nello studio.
Esistono tre modi di relazionarsi con gli allievi da parte dell'insegnante:
guida dominante, cioè l'insegnante decide tutto senza lasciare spazio all'allievo, in questo modo diminuisce l'autonomia e la spontaneità;
guida antiautoritaria, cioè punta sull'autonomia dell'allievo ma privandolo di punti di riferimento;
guida autorevole, cioè che prende la decisione insieme agli allievi in modo da renderli autonomi e responsabili e rimanendo un loro punto di riferimento.

CONTESTI EDUCATIVI:

L'inizio della scuola per un bambino determina un grande mutamento. La scuola dell'infanzia è la prima forma di distacco dal nido familiare. Il bambino avrà bisogno di sempre più autonomia perchè il gruppo classe diventerà la nuova famiglia in cui svilupperà le sue capacità di socializzazione. Il passaggio dal contesto famiglia a quello scolastico è influenzato dalle caratteristiche della famiglia di provenienza. Un ruolo importante  per la convivenza del gruppo classe lo ha l'insegnante. Ogni alunno si trova in un sovrasistema scolastico che si divide in vari sottosistemi, uno dei quali il gruppo classe, in cui la sua vita è regolata in base ai compiti, i tempi e gli spazi.

LE COMPETENZE DELL'EDUCATORE:

 L' insegnante oltre alle conoscenze della materia che insegna dovrà acquisire delle competenze di carattere psicologico, pedagogico, didattico e sociale con cui potrà capire la personalità e le esigenze degli alunni e predisporre un insegnamento efficace. Anche un insegnante può avere problemi all'interno della scuola e ciò si chiama burn-out, cioè un sovraccarico emotivo che colpisce chi si deve prendere cura degli altri e ad un certo punto non si sente più adeguato o addirittura motivato. All'origine del burn-out ci sono le caratteristiche individuali e in più i carichi di lavoro pesanti, senso di imptenza, ecc.. Il burn-out nasce nell'ambiente di lavoro, però può coinvolgere anche la sfera privata. Per prevenire il burn-out bisogna intervenire sulla persona e anche sul luogo di lavoro.


mercoledì 25 gennaio 2017

La teoria sistemica

LA TEORIA SISTEMICA

La psicologia sistemica analizza la relazione educativa partendo da due presupposti: tutto è comunicazione e il mondo psichico è un sistema, ossia una totalità nella quale il mutamento  di una parte influenza tutte le altre. Secondo Paul Watzlawich per spiegare un singolo fenomeno occorre prendere in considerazione tutto il suo contesto. Le indicazioni che la teoria sistemica fornisce all'educatore sono:
  • L'educatore, nel contesto della classe, deve fornire la riorganizzazione interna ogni volta che un nuovo elemento turba l'equilibrio precedente.
  • Nel gruppo egli deve individuare le parole-chiave, il cui mutamento di atteggiamento rende possibile il mutamento collettivo e individuare gli aspetti aperti al mutamento sia per interno gruppo sia per il singolo alunno.
  • Tiene sotto controllo l'ansia e stimola l'attenzione quando si presenta un problema o viene assegnato un compito: un'ansia eccessiva, infatti può spingere alla fuga di fronte al compito da affronatre, mentre un livello troppo basso di ansia determina una bassa motivazione. Ogni volta che un problema viene risolto, si crea un nuovo tipo di stabilità dinamica, una nuova organizzazione cognitiva, una diminuzione dell'ansia e un'accresciuta autostima. L'educatore deve essere capace di interagire nel modo opportuno sia con il singolo sia con il gruppo. Inoltre deve controllare il circolo comunicativo affinchè tutti comunichino tra loro.
 

martedì 24 gennaio 2017

La teoria umanista

LA TEORIA UMANISTA

La psicologia umanista riguarda il comportamento del docente e i suoi effetti sull'alunno. Carlo Rogers ha elaborato una psicoterapia in cui l'insegnamento può essere flessibile e dove l'unico interesse è l'alunno. Questo secondo Rogers richiede tre atteggiamenti-chiave:
  • autenticità o congruenza 
  • considerazione positiva incondizionata
  •  comprensione empatica
 L'educatore deve porsi dal punto di vista dell'alunno, quindi l'empatia, senza formulare giudizi o imporre cambiamenti di comportamenti, quindi considerazione positiva incondizionata, e questo per indurre l'alunno a conoscere se stesso e a stabilire una continiutà, quindi congruenza, tra le immagini di se e le proprie esperienze.
L'educatore deve fornire gli strumenti per utilizzare consapevolmente le conoscenze e l'alunno dovrà essere in grado di valutare da solo quanto appreso e quindi provare soddisfazioni per i risultati ottenuti. La relazione educativa ha il compito di favorire la metacognizione cioè l'autovaltuzione dei risultati ottenuti. In questo modo il ruolo dell'educatore non è più quello di trasmettere le conoscenze, ma di facilitare l'apprendimento.
 

La teoria psicoanalitica

LA TEORIA PSICOANALITICA

La psicoanalisi è una corrente scientifica fondata da Freud secondo cui molti comportamenti sono originati da dinamiche inconsce. La classe secondo la psicoanalisi è un campo di incontro/scontro di forze inconsce che emergono attraverso esplosioni di collera, successi scolastici...
La psicoanalisi mette in luce i fenomeni di transfert con cui i ragazzi a scuola proiettano sull'insegnante le dinamiche con il rapporto dei genitori. Nella scuola ci possono essere fenomeni di proiezione, cioè quando qualcosa al nostro interno viene avvertito come pericolo e viene proiettanto inconsapevolmente all'esterno. Ogni ragazzo ha un'immagine di se che si costruisce a partire dal rapporto con la madre e di altre figure di riferimento. Con la psicoanalisi l'insegnante può capire non solo gli insegnanti ma anche se stesso. Nel rapporto con gli alunni l'insegnante è spinto a rivivere la propria infanzia,e ciò gli fornisce la chiave per capire meglio gli alunni.

 

La relazione educativa

LA RELAZIONE EDUCATIVA
La relazione educativa è il rapporto che si crea tra docenti e alunni che poi influenza il rapporto tra gli studenti. Non è un'interazione sociale occasionale ma stabile. Inoltre la relazione educativa esercita un'influenza sociale in quanto agli alunni viene chiesto di apprendere conocenze, modificare il proprio comportamento...
Le relazioni sociali sono importanti per la costruzione dell'individuo, una persona acquisisce le proprie specificità all'interno di relazioni. 
Il filosofo e pedagogista Rousseau ha sostenuto che l'educazione deve essere finalizzata a rimuovere i condizionamenti sociali per permettere uno sviluppo e spontaneo del bambino. Secondo Rosseau la società è una realtà degradata che trascina con se gli indvidui corrompendone la natura. Per rigenerare l'uomo è necessario percorrere due strade: la profonda modificazione delle istituzioni e una nuova forma di educazione. Questo secondo aspetto è espresso nell'opera ''Emilio'' di Rosseau. Rosseau immagina un'educazione nella quale il bambino non riceve condizionamenti o stimoli da parte del maestro, ma cresce sperimentando in autonomia. Lui suggerisce un ambiente o la campagna, mentre sconsiglia la città.
 

domenica 22 gennaio 2017

Kurt Lewin

                                       Kurt Lewin

Kurt Zadek Lewin nacque a Mogilno il  9 settembre 1890  e morì a  Newtonville il 12 febbraio 1947. E' stato uno psicologo tedesco, pioniere della psicologia sociale. Fu tra i sostenitori della psicologia della Gestalt, da cui recepì l'idea che la nostra esperienza non è costituita da un insieme di elementi puntiformi che si associano, ma da percezioni strutturate di oggetti o reti di relazioni, e che solo in questo campo di relazioni trovano il loro significato. Fu tra i primi ricercatori a studiare le dinamiche dei gruppi e lo sviluppo delle organizzazioni. La famiglia era di origine ebraica, e già allora le condizioni di vita degli ebrei tedeschi non erano semplici. Trasferitosi con la famiglia a Berlino, dove frequentò il Ginnasio, si iscrisse inizialmente a Medicina, salvo poi trasferirsi alla facoltà di Filosofia dell'università di Berlino. 
Nel 1933 Lewin emigrò negli USA . Fu ricercatore e consulente presso numerose istituzioni pubbliche e private. Collaborò poi con l'amica Margaret Mead, assieme alla quale lavorò per conto del Governo degli Stati Uniti a quello che sarebbe poi rimasto come il suo più importante lavoro, quello sul mutamento delle abitudini alimentari delle famiglie.
Kurt Lewin (1890-1947)