venerdì 29 dicembre 2017

Sofisti

Chi sono i sofisti?

Il termine sofista, che nell'antichità significava ''sapientissimo'', nell'età odierna significa invece sofisticati, ad esempio i cibi contraffatti e dannosi alla salute. Nel significato di questo termine sembrano essere confluite quelle connotazioni negative che al movimento sofistico erano attribuite dai filosofi posteriori, ad esempio da Platone e da Aristotele. 
I sofisti si muovono nel contesto culturale dell'Atene del V secolo, esprimendo un'inedita libertà di spirito e un'attitudine ad utilizzare in modo spregiudicato la ragione in tutti gli ambiti. Il loro fine principale è quello del sapere, inteso come unico fondamento della virtù. Si trattava di una virtù adatta al nuovo clima culturale e al nuovo ambiente cittadino caratterizzato dalla democrazia. La nuova virtù coincideva con la capacità di vivere in società, di saper partecipare ai pubblici dibattiti, di essere in grado di convincere gli altri della propria idea, di assumere decisioni rapide e condivisibili. Una virtù comportava la padronanza ampia e sicura del linguaggio e della parola. I sofisti si dedicano a formare i giovani per renderli adatti alle nuove esigenze della vita sociale, mirando a offrire loro un sapere che abbia un risvolto pratico o operativo. Si impegnano ad addestrarli nella complessa ''arte politica'', consapevoli che, non si può arrivare a una verità unica e assoluta, come pretendevano i filosofi precedenti, sia possibile individuare verità condivise e convenienti alla società, sostenendole con parole convincenti. 


Protagora 
 Protagora era un pensatore famosoper l'affermazione: "L'uomo è misura di tutte le cose; delle cose che sono in quanto sono, delle cose che non sono in quanto non sono". Tale affermazione può avere diverse interpretazioni in quanto l termine "uomo" può essere inteso come individuo singolo e quindi le cose appaiono diverse a seconda dei punti di vista soggettivi. Oppure il termine "uomo" può essere interpretato come "umanità, genere umano", quindi la percezione della realtà dipende dalla conformazione mentale degli uomini. Un'altra interpretazione del termine "uomo" è quella di attribuirgli il significato di "civiltà" o "popolo". L'uomo pertanto è il criterio di giudizio della realtà o irrealtà delle cose. Ciò che emerge dal pensiero di Protagora è una visione relativistica, cioè non esiste una verità assoluta, ma a seconda del punto di vista si devono ammettere diverse interpretazioni delle cose. Allo stesso modo non c'è una legge naturale e universale che stabilisca ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, cosa è bene e cosa è male.
Il relativismo di Protagora riconduce tutte le conoscenze al contesto umano, sociale e culturale in cui si sono formate, pertanto la sua concezione può essere considerata come una forma di "umanismo" perchè l'uomo è sempre il punto di riferimento di ogni giudizio sulla realtà.
Secondo Protagora il criterio di giudizio è rappresentato dall'utile. Lo strumento necessario per confrontare le varie posizioni e dialogare per raggiungere una prospettiva condivisa è la parola. Coloro che possiedono strumenti logici ed espressivi più efficaci possono convincere gli altri della validità delle proprie posizioni. Il metodo protagoreo, o metodo dell'"antilogia" consiste nel persuadere l'uditore mediante un linguaggio chiaro, semplice e convincente e si fonda sul preupposto che ogni su cosa sia sempre possibile addurre argomenti a favore e contrari.
Protagora affermava che lo sviluppo della civiltà era dovuto alle tecniche con cui l'uomo trasforma l'ambiente naturale, ma soprattutto c'era bisogno che si sviluppasse la politica. La politica deve essere posseduta indifferentemente da tutti gli uomini.

 Risultati immagini per protagora





 Gorgia
Il relativismo dei valori aveva come conseguenza la possibilità di avere due o più punti di vista differenti su un medesimo avvenimento. Agli occhi di alcuni un'azione può apparire virtuosa e agli occhi di altri malvagia, ciò significa che su tale azione è possibile costruire più di un discorso. Il sofista Gorgia si fa interprete del principio secondo cui il linguaggio non si identifica più con l'essere. Gorgia sostiene una forma di "scetticismo metafisico" secondo cui non esiste nulla di oggettivo.
Gorgia asserisce che:
- l'essere non esiste, la sua esistenza comporterebbe contraddizioni logiche;
- se anche esistesse non potremmo conoscerlo in quanto il pensiero non rispecchia la realtà;
-  se anche fosse conosciuto non potrebbe essere comunicato attraverso le parole in quanto hanno una natura diversa rispetto alle cose.
Egli riconosce quindi che è impossibile affermare una verità assoluta intorno all'essere in quanto l'uomo non ha gli strumenti adeguati, e inoltre pone una frattura insanabile tra il pensiero e l'essere e tra le parole e le cose. La credibilità delle affermazioni viene ancorata alla forza delle parole, non più ad una verità riconoscibile da tutti. Il linguaggio è un gioco è una forza ammaliatrice che permette di dominare e influenzare i sentimenti degli uomini.
Per Gorgia l'esistenza è irrazionale e misteriosa e gli uomini sono soggiogati da forze incontrollabili come il fato, il caso, le passioni. Un'esemplificazione di queste tesi è rappresentata dall'Encomio di Elena. Lo scopo dell'orazione era quello di dimostrare l'innocenza di Elena che, soggiogata dall'amore per Paride, lo segue a Troia scatenando così una guerra. Secondo l'argomentazione gorgiana ci sono quattro possibili spiegazioni del comportamento di Elena:
- per decreto degli dei o della necessità;
- sotto la pressione della violenza fisica;
- perchè persuasa dalle parole di Paride;
.- perchè vinta dalla passione amorosa.

Gli sviluppi della sofistica
Gorgia perviene ad una visione nichilistica che nega la possibilità di conoscere la realtà in modo oggettivo e universale e in più non ammette che ci possano essere conoscenze e discorsi utili all'interno di una comunità di uomini. Pertanto a Gorgia non resta altro che concentrare l'attenzione sul linguaggio che viene misurato in base alla sua efficacia nel conquistare il consenso degli ascoltatori.Il tema del linguaggio è molto importante anche per Prodico di Ceo, un oratore politico e educatore che ebbe un interesse per l'etimologia delle parole. Secondo lui le parole nascevano da un accordo dei popoli sui nomi da attribuire alle cose. Egli sviluppò una raffinata "arte dei sinonimi" classificando le varie sfumature dei differenti vocaboli aventi lo stesso significato con lo scopo di evidenziare una connessione tra il nome e la cosa. 
Un altro ambito di riflessione è quello delle origini delle leggi, della loro validità e della loro continuità o meno rispetto alla natura. Ippia e Antifonte teorizzarono la superiorità della legge di natura, uguale per tutti in ogni paese, rispetto a quella posta dagli uomini, mutevole e relativa ai vari Stati. Secondo loro in base alla legge di natura gli essere umani sono tutti uguali, mentre le leggi mettono in atto ogni sorta di discriminazione e ineguaglianza.
Trasimaco invece affermò che le leggi sono strumenti di cui i gruppi più forti si servono per garantire i propri interessi a scapito dei più deboli.
Dopo la dissoluzione del movimento sofistico inizio una trasformazione della retorica in "eristica", che significa "arte di battagliare" al fine di ottenere una battaglia sull'avversario. Essi confutavano le tesi dell'interlocutore senza preoccuparsi della loro intrinseca verità o falsità e senza tenere conto di alcuna considerazione morale.
 

 

Ippocrate e la medicina scientifica

La medicina come modello della scienza

 

martedì 26 dicembre 2017

EMPEDOCLE, ANASSAGORA E DEMOCLITO

Empedocle, le radici dell'universo

Un fisico pluralista è Empedocle di Agrigento. Lui nel poema sulla natura descrive la nascita dell'universo a partire dalla situazione originaria di una totalità indifferenziata, lo sfero, in cui mescolano e confondono il fuoco, l'acqua e l'aria, che rappresentano le ''quattro radici'', cioè i quattro elementi primordiali. Tali principi sono eterni, immutabili e identici a se stessi, come l'essere di Parmenide. Ciascuno di essi può essere suddiviso in parti più piccole, ma ogni particella cosi ottenuta conserverà sempre la medesima qualità che aveva all'interno.
Egli ipotizza che vi sono due forze cosmiche, l'amore e l'odio, le quali presiedono rispettivamente all'unione e alla separazione dei principi originari. Mescolando o separando le quattro radici, tali forze determinano la generazione e la disoluzione di tutte le cose. Se il principio degli ionici si trasformava qualitativamente nel dare vita agli oggetti della realtà, per Empedocle la nascita e la morte sono attribuite alla mescolanza e alla separazione di elementi originari che rimangono qualitativamente inalterabili e intrasformabili. 
Secondo Empedocle, dalle cose si sprigionano effluvi che colpiscono gli organi sensoriali, e le parti simili dei nostri organi riconoscono le parti simili di tali effluvi provenienti dalle cose. Gli uomini per il filosofo possono aspirare a conoscere il ritmo di tutta la realtà. Questo è il senso del suo insegnamento, espresso con chiarezza nei versi in cui dissuade il giovane Pausania. Tre le cose che il giovane Pausania deve conoscere vi è il fatto che quello che gli uomini chiamano ''male'' è determinato proprio dall'irruzione della contesa sulla scena del mondo, irruzione rappresentata dal racconto più grave di tale decadenza, agli occhi di Empedocle, è stata l'uccisione degli animali a scopo sacrificale. Uccidendo e nutrendosi delle carni degli animali si commette ingiustizia ed empietà, come se si uccidessero dei consanguinei, perchè un solo spirito, una sorta di anima, prevade l'universo, che è unico grande organismo vivente, di cui tutti gli esseri sono partecipi. Nel suo poema Empedocle da una parte ci offre una descrizione poetica dell'universo dominato dall'amore e dalla concordia a cui l'umanità deve tendere nonostante l'azione della forza contraria: dall'altra, si rivela attento all'esperienza e all'osservazione concreta. Empedocle oltre a spiegare il mondo nelle sue caratteristiche fisiche, pare essersi anche attribuito una missione terapeutica. Nelle purificazioni l'autore si presenta ai concittadini di Argigento come un dio immortale , ornato di fiori e di bende, seguito da una moltitudine di uomini e donne che gli chiedono guarigioni. A loro Empedocle promette la liberazione degli affanni e dal dolore che nascono dal timore della morte e dall'ignoranza. Gli uomini devono giungere alla consapevolezza che la morte non esiste, perché il loro essere non si distruggerà, ma tornerà ad unificarsi. Nei 400 versi delle sue opere che ci restano si respira un'atmosfera di ammirata comparteciapazione alla vita della natura e l'ardente aspirazione a guarire l'uomo.








Immagine correlata

  Anassagora, una delle prime figure di ''scienziato''
Anassagora, che può essere considerato il primo vero ''scienziato'', visse e operò ad Atene, dove ebbe anche il merito di portare e diffondere per la prima volta la riflessione filosofica. Lui riteneva che il sole non fosse una divinità ma una semplice massa infuocata. Ciò che colpisce oggi è la sua attitudine a trattare i fenomeni non come frutto di misteriose, ma come effetti di cause naturali. Anassagora mostra di avere una percezione delle dimensioni e della configurazione dell'universo migliore di quella dei suoi predecessori. Egli diceva che il sole ci appare piccolo perché dista molto da noi, ma in realtà è più grande del Peloponneso.  Inoltre dice che non appartiene alla Terra bensì ruota intorno alla Terra. Sosteneva che la luna, pur essendo più piccola del sole, ci appare più grande perché è più vicina al nostro pianeta.

La teoria dei semi 
Anassagora elabora la sua teoria dei semi, particelle piccolissime e invisibili di materia che, combinandosi danno origine a tutte le cose visibili. Queste particelle differiscono per la quantità, sono infinitamente divisibili e inifinte in quantità e numero. Intervengono nella composizione di ogni cosa, nel senso che in ogni cosa, oltre alla qualità di semi prevalente che ne determina la natura, sono sempre presenti anche i semi di tutte le altre sostanze, pur in misura piccolissima. Ecco perché Anassagora afferma che '' tutto è in tutto'': in ogni cosa troviamo i ''semi'' di ogni altra cosa. Anassagora giunge alla conclusione che il concetto di ''seme'' possa spiegare tutte le trasformazioni che avvengono in natura. All'inizio, egli dice, tutto era uno, i semi erano confusi insieme. Poi si è avuto il processo di differenziazione e di separazione degli elementi, con cui la realtà è diventata variegata. Gli esseri viventi passano da uno stadio in cui sono un tutto elementare e confuso, a formare organismi con caratteristiche specifiche. In tutte le cose però vi è una base comune e ereditaria costituita da infiniti elementi invisibili.

Il noùs come principio ordinatore 
Anassagora per spiegare l'orgine dell'universo ricorre all'azione di una forza che chiama intelligenza, la quale determina il movimento causa della separazione e composizione dei semi secondo un ordine razionale. L'intelligenza di Anassagora aveva la funzione di ordinare, controllare e spiegare la realtà naturale. E' un'energia illimitata, dotata di forza propria ed ha la funzione di dare forma al caos originario. L'intelligenza ha generato in particolare un movimento vorticoso  nel caos primordiale in cui i semi erano congiunti in maniera confusa, e ciò ha provocato la separazione degli elementi opposti e ha fatto in modo che si formassero gli astri del cielo.
Anassagora aveva la consapevolezza della complessità del problema della struttura della materia e che ci fossero ambiti  che i sensi non erano in grado di esplorare adeguatamente, pertanto era richiesto l'utilizzo della ragione. Per dimostrare ciò Anassagora fece un esperimento, prese due recipienti contenenti un liquido nero in uno e nell'altro un liquido bianco e travasò goccia dopo goccia uno dei due liquidi nell'altro. Nel composto doveva esserci un mutamento del colore a ogni nuova goccia caduta; eppure ciò non era visibile all'occhio prima che fosse caduto un numero abbondante di gocce. Si tratta di una semplice dimostrazione dei limiti della percezione dei sensi e della necessità di integrala nell'intelletto.
 
Immagine correlata


Democlito, la teoria degli atomi
Democlito voleva risolvere il conflitto tra le dottrine del mutamento e quelle della permanenza. Egli lo affronta elaborando una visione materialistica dell'universo, in cui mutamento e permanenza sono tenuti insieme e conciliati. Per Democlito gli elementi originari e fondamentali dell'universo sono gli atomi, particelle minime e indivisibili di materia di cui tutte le cose sono costruite. Gli atomi sono infiniti e identici tra loro dal punto di vista qualitativo ma differiscono per quanto riguarda gli aspetti quantitativi. Aggregandosi e disgregandosi essi determinano la nascita e la morte di tutte le cose. Si può osservare come gli atomi di Democlito abbiano le stesse caratteristiche dell'essere di Parmenide: essi sono elementari
  • semplici
  • indivisibili
  •  ingenerati ed eterni
  • uniformi
  • immutabili 

Democlito doveva riconoscere oltre all'essere, l'esistenza del vuoto, ossia del non essere. La materia, o atomo, è per lui il pieno assoluto, il vuoto è il nulla assoluto. L'affermazione dell'esistenza del vuoto è da considerarsi uno dei punti più originali del pensiero di Democlito. Il suo sistema non ammette alcun principio divino che possa giustificare il movimento: quest'ultimo è affidato al caso, è un moto vorticoso e caotico. In sintesi si può affermare che la concezione del mondo di Democlito si presenta come:
  • meccanicista poiché tutti i fenomeni vengono spiegati mediante processi fisici e quindi meccanici.
  • deterministica tutto ciò che avviene nell'universo è determinato da una causa necessaria
  • materialistica in quanto non ammette altra realtà se non la materia
  • esclude ogni ipotesi di Dio
Democlito suddivide il metodo scientifico in tre momenti
  1. la conoscenza sensibile
  2. l'elaborazione intellettuale dei dati dell'esperienza
  3. la formulazione di una legge  
Per il filosofo di Abdera esistono una conoscenza oscura e una genuina: la prima è quella  che si ferma al livello della conoscenza sensibile, la seconda è quella che, grazie all'intelletto, è in grado di stabilire le qualità oggettive della realtà. Il suo ragionamento fu: se la divisibilità di può ammettere da un punto di vista teorico, nella realtà non è possibile pensare di dividere all'infinito la materia, perché in questo modo si arriverebbe alla non materia, cioè al non essere. Ma dal nulla non può nascere l'essere e pertanto bisogna ammettere che vi siano dei costituenti minimi della materia non ulteriormente divisibili:gli atomi. La sostanza materiale complessiva dell'universo non cambia, non può aumentare né diminuire: essa è eterna, come è eterno il movimento nel vuoto degli atomi che lo compongono.
 Per Democlito all'origine della vita c'è l'acqua, da cui nascono anche gli uomini. In un primo tempo essi vivevano rozzamente, quasi come belve; in un secondo,per difendersi dalle fiere, impararono ad aiutarsi e a riunirsi in società. Essi appresero tecniche dagli animali. Il linguaggio ha invece una natura convenzionalistica. L'esperienza e la pratica, illuminate dalla ragione, furono, per Democlito, le grandi ''maestre'' degli uomini. Anche l'etica di Democlito è legata alla mentalità razionalistica in quanto considera la ragione come unica guida dell'esistenza. Per il filosofo Abdera il bene più alto è la felicità; questa non risiede nei piaceri dei sensi bensì nell'interiorità dell'anima.

Immagine correlata


lunedì 18 dicembre 2017

PARMENIDE

PARMENIDE E IL PENSIERO DELL'ESSERE

Parmenide visse a Elea in un ambiente culturale e intellettuale aristocratico. Scrisse un poema in versi intitolato "Sulla natura", di cui ci restano il proemio e vari frammenti delle parti dedicate alla verità e all'opinione. Nella sua opera si riflette l'aspirazione ad una sapienza sacrale e di ascendenza sacertodale. Il messaggio di Parmenide è: l'essere è, e non può non essere, mentre il non essere non è, e non può essere. Ciò significa che solo l'essere esiste, il non essere non esiste e non può neanche essere pensato. Il termine "essere" per Parmenide è ciò che è comune a tutti gli enti e che esiste nella pienezza assoluta e perfetta, eterna e immobile. Ontologia significa "discorso sull'essere", quindi lo studio sull'essere in quanto essere. Parmenide ha una visione del mondo statica e conservatrice, ostile al cambiamento e alle innovazioni, ma le sue tesi vengono valutate attentamente e sostenute da argomentazioni razionali.
Parmenide parte dal presupposto che il mondo non possa derivare dal nulla, in quanto tutto ciò che deriva dal nulla sarebbe destinato a farvi ritorno. La filosofia ha il compito di dare il senso alle cose, quindi escludere il nulla. I caratteri dell'essere secondo Parmenide sono:
- l'essere è ingenerato e imperituro; l'essere non può nascere in quanto niente può derivare da ciò che non esiste, e l'essere è anche immortale.
- l'essere è eterno, perchè non ha né passato, né futuro;
- l'essere è immutabile e immobile, non può subire trasformazioni;
- l'essere è infinito; secondo Parmenide l'essere è una sfera omogenea e da ogni parte identica a se stessa.
I principi logici introdotti da Parmenide sono:
- il principio di identità; l'essere è ed è identico a se stesso;
- il principio di non contraddizione; l'essere è, dunque non può non essere;
- il principio del terzo escluso; ogni cosa o è o non è, è da escludere una terza posizione.



Zenone e i paradossi logici

 Un fedele discepolo di Parmenide era Zenone di Elea, il quale sosteneva che chiunque si fosse discostato dall'insegnamento di Parmenide sarebbe caduto in una serie di contraddizioni logiche. Le due tesi sostenute da Parmenide erano: l'essere è uno e l'essere è immutabile. Zenone respingeva coloro che affermavano:
- la pluralità dell'essere e delle cose, cioè i pitagorici;
- il movimento, cioè Eraclito.
Il metodo che utilizza Zenone per affermare che si cade nell'assurdo se si ammette che la realtà è mutevole e molteplice consiste nell'ammettere la tesi dell'avversario per poi tornare a quelle opposte del suo maestro.
Uno dei celebri argomenti zenoniani, chiamati paradossi, è quello di "Achille dal piede veloce". Achille è impegnato in una gara con una tartaruga. Nonostante la tartaruga abbia un vantaggio, quando Achille avrà raggiunto il punto di partenza della tartaruga la stessa avrà compiuto un altro breve tratto. Achille dovrà raggiungere questro nuovo breve tratto, ma nel frattempo la tartaruga ne avrà compiuto ancora un altro, e così via, senza che Achille la possa raggiungere.
Questa argomentazione si basa sul presupposto che lo spazio è divisibile in infinite parti, quindi un corpo in movimento non arriverà mai alla sua meta dovendo percorrere infiniti spazi. Aristotele cercò di risolvere questo rompicapo affermando che lo spazio fisico reale è sempre finito, quindi nel caso della gara, Achille raggiungerà la tartaruga perchè lo spazio che li divide è reale e perciò finito.





 

ERACLITO

Eraclito e l'esperienza del divenire

Eraclito visse nella città di Efeso tra il VI e il V secolo a.C., fu discendente da stirpe reale, aristocratico, altezzoso, schivo e solitario. La sua unica opera era intitolata "Intorno alla natura" ed era composta da aforismi brevi ed enigmatici e per questo gli venne dato l'appellativo di "oscuro".
I due nuclei tematici del pensiero di Eraclito sono:
- il flusso universale;
- il logos e la legge dei contrari.

Il flusso universale
Secondo il pensiero di Eraclito nel mondo non c'è nulla che sia in uno stato di quiete; tutto è costantemente in movimento. C'è conflitto nelle città dove gli artigiani e i commercianti andavano contro al potere dell'aristocrazia. C'è conflitto nella natura dove elementi come acqua, fuoco, aria e terra sono in opposizione tra loro e l'uno genera l'altro. Quindi tutto muta costantemente, anche l'uomo.
Per Eraclito il fuoco è l'elemento mutevole e distruttore per eccellenza, pertanto per lui è il principio originario. Dal fuoco hanno origine tutti gli altri elementi. Il fuoco, però, è soprattutto il simbolo della legge segreta secondo cui i contrari si unificano in una superiore armonia.

Il logos e la legge dei contrari
Secondo la Dottrina di Eraclito, dietro alla trasformazione delle cose si nasconde un ordine razionale visibile solo ai filosofi, ai saggi. Il conflitto tra gli elementi contrari (il bene e il male, l'amore e l'odio", sono inscindibili e complementari, cioè vivono l'uno in relazione all'altro. Con il termine logos Eraclito indica la legge fondamentale dell'universo. Logos significa "ragione". In base a questa legge l'armonia e la razionalità si ottengono dalla conflittualità degli elementi, cioè dalla contesa e dallo scontro dei contrari.


Immagine correlata