martedì 1 maggio 2018

Aristotele

ARISTOTELE
     La vita
  • Aristotele è uno dei massimi pensatori di tutti i tempi. Egli ha ridefinito il ruolo della conoscenza filosofica.
  •  Egli si formò alla scuola di Platone e fu il più importante tra gli studenti dell'Accademia. 
  • Egli trascorse vent'anni in questa scuola fino alla morte di Platone nel 347 a.c. 
  • All'età di diciassette anni si reca ad Asso in Asia Minore, e dopo tre anni si stabilisce nell'isola di Lesbo. Sembra che in questo periodo abbia approfondito gli studi di biologia marina. 
  • Nel 342si trasferisce a Pella e diviene precettore del giovane Alessandro, figlio di Filippo II
  • Nel 355 dopo la morte di Filippo Aristotele torna ad Atene e vi fonda una propria scuola, il Liceo, in cui si dedica all'insegnamento e ha modo di approfondire le sue ricerche in tutti in tutti i campi del sapere.
  • Alla morte di Alessandro Magno Atene si solleva contro la Macedonia e Aristotele è accusato ingiustamente di empietà a causa della vicinanza al governo macedone. 
  • Aristotele abbandona la città e si ritira in esilio presso Calcide, dove morirà l'anno seguente.
Le più importanti opere di Aristotele sono:

  1. Sulla filosofia: dedicava l'intera prima sezione a dimostrare che l'obiettivo della filosofia era stato quello di interrogarsi sul perché del mondo e dell'esistenza delle cose.
  2. Protrettico: conteneva un invito a dedicarsi alla filosofia, cioè alla vita contemplativa.
  3. Eudemo: dedicato a Eudemo di Cipro, amico di Aristotele, questo dialogo voleva dimostrare, alla maniera di Platone, che la vera ''patria'' dell'uomo non è in questo mondo, ma nell'altro dove si può contemplare l'essere nella sua pienezza e purezza.
 
IL PROGETTO FILOSOFICO
Per Aristotele c'è una rigorosa corrispondenza tra la struttura dell'essere e la sua espressione nel linguaggio delle scienze: le conoscenze sono il riflesso delle cose, e queste ultime sono rappresentate fedelmente dalle scienze, che rispecchiano l'ordine razionale del mondo. Per il filosofo di Stagira il compito affidato alla filosofia è la conoscenza disinteressata della realtà che va studiata attraverso ricerche sistematiche di carattere settoriale e specialistico. Un altro compito della filosofia è la ricerca del senso unitario del mondo nei discorsi specialistici delle varie discipline che nella loro autonomia rispecchiano la realtà delle cose in base alla corrispondenza tra la struttura dell'essere e la sua rappresentazione nel linguaggio scientifico.
L'obiettivo del filosofo è tracciare una mappa di tutti i saperi, una vera e propria enciclopedia in cui le varie scienze siano distinte e classificate sulla base del loro oggetto  e del loro metodo.
Si delineano così tre grandi aree tematiche:
  • scienze teoretiche, cioè matematica, fisica e filosofia, che hanno come oggetto il necessario e un metodo dimostrativo 
  • scienze pratiche, cioè etica e politica
  • scienze produttive, cioè architettura, musica, danza e retorica, che hanno come oggetto il possibile e un metodo non dimostrativo. 
LA METAFISICA 
Per Aristotele l'essere si identifica con la sostanza individuale, il vero ''essere dell'ente'', l'essenza delle cose, quel sostrato che non necessita di altro per esistere e al quale ineriscono tutti gli altri ''modi di essere dell'essere'', gli attributi accidentali, classificati  in dieci categorie:
  1. sostanza
  2. qualità
  3. quantità
  4. relazione
  5. luogo
  6. tempo
  7. agire
  8. patire
  9. stato
  10. situazione
Dal punto di vista ontologico, la sostanza è il soggetto reale  cui ineriscono le varie proprietà, cioè le categorie come modi di essere; dal punto di vista logico, la sostanza è il soggetto logico il quale, ''regge'' i vari predicati, cioè le categorie come modi in cui si predica l'essere. 
La sostanza è sinolo di materia e forma:    
-la prima è l'elemento indeterminato che possiede però la potenzialità di assumere determinazioni successive;
-la seconda è l'elemento stabile, permanente e riconoscibile delle cose, ciò che le cose sono in atto.
Attraverso i concetti di forma e materia, atto e potenza Aristotele risolve il difficile problema del divenire: per lui le trasformazioni che osserviamo nel mondo non rappresentano il passaggio dall'essere al non essere, ma sono cambiamenti interni all'essere dovuti al passaggio dalla potenzialità della materia all'attualità della forma. 
Ogni cosa in atto è passibile di ulteriore trasformazione, quindi è atto rispetto a ciò che la segue, ad esempio il pulcino è atto rispetto all'uovo ma  potenza rispetto alla gallina. L'atto ha comunque priorità rispetto alla potenza sia dal punto di vista della sostanza, sia dal punto di vista del valore. 
Aristotele riconosce due termini:
  • da una parte pone la materia prima, assolutamente priva di forma e attualità, indeterminata e inconoscibile, uno sostrato che si distingue dalle materie della nostra comune esperienza 
  • dall'altra riconosce la forma pura, cioè l'assoluta attualità e perfezione della sostanza immobile ed eterna, che coincide con Dio ed è oggetto della teologia  
 LA FISICA, DIO E L'ANIMA
Si tratta di un interrogativo che aveva impegnato a lungo i filosofi precedenti e di cui Aristotele si occupa particolarmente nella Fisica, che ha per oggetto le sostanze in movimento. Egli risolve la questione affermando che ogni trasformazione rappresenta un passaggio dalla potenza all'atto, cioè da un certo tipo di essere; passaggio che richiede particolari condizioni e determinate cause.  Di tali cause il filosofo ne identifica quattro: la causa materiale, la causa formale, la causa efficiente e la causa finale. Quest'ultima riveste un ruolo particolare importante nel sistema aristotelico, che mette capo a una visione ottimistica e teleologica dell'universo. La natura per Aristotele non agisce mai senza uno scopo e il fine è inscritto nell'essenza stessa delle cose, come un impulso spontaneo che le spinge a realizzare la propria forma nel migliore dei modi possibili. Da questa visione finalistica dipende la teoria dei luoghi naturali, secondo la quale ogni elemento in natura ha un suo posto preciso e appunto ''naturale'' a cui tende con un particolare tipo di movimento. L'universo aristotelico appare come una grande e meravigliosa macchina  suddivisa in tre parti : la prima quella interna alla Terra, la seconda quella esterna, formata da sostanze eterne  e indissolubili, dove non si danno ne generazione ne corruzione. Dio è quella sostanza prima , eterna, non soggetta al cambiamento che, in virtù della sua assoluta attualità e agendo come causa finale, può imprimere il movimento all'universo: è il ''primo motore immobile''. Tale ente divino non è  ne persona ne ente buono e protettivo degli uomini, ma rappresenta un perno essenziale dell'architettura cosmologica aristotelica, necessario per giustificare l'intero sistema.
Nella Fisica Aristotele tratta anche del problema dell'anima, che, a differenza di Platone, per lui non si presenta come una sostanza separata, ma come la forma o il principio vitale del corpo, unita a esso da un vincolo indissolubile. Per questo egli ne esclude la sopravvivenza dopo la morte.
Il filosofo riconosce tre diverse funzioni dell'anima: quella vegetativa, quella sensitiva e quella intellettiva, proprio unicamente degli uomini. Queste tre funzioni vitali si dispongono secondo un ordine gerarchico al cui vertice c'è la conoscenza. Secondo Aristotele, il processo conoscitivo si svolge attraverso tre stadi tra loro strettamente congiunti: la sensibilità, l'immaginazione e la conoscenza intellettiva. Quest'ultima agisce sulle immagini, ricavate a loro volta dalla sensibilità, astraendo da esse la forma intelligibile, ovvero il concetto universale. In questo processo è però indispensabile l'intervento dell' ''intelletto attivo'' il quale, contenendo già tutte le forme e i concetti in atto, agisce sull' ''intelletto passivo'' consentendogli di attualizzare la propria potenzialità conoscitiva. Essendo puro atto, l'intelletto attivo è immortale ed eterno, a differenza dell'intelletto passivo che si corrompe e muore.

L'etica e la politica
Aristotele riguardo alla dimensione individuale dell'uomo sostiene che l'uomo virtuoso utilizza la ragione. Per lui la felicità è quella condizione di benessere che l'uomo sperimenta quando sta bene con se stesso, con gli altri e con l'ambiente ed è propria dell'uomo sapiente e virtuoso, che esercita le virtù tipiche dell'anima razionale realizzando le virtù dianoetiche. Tuttavia la felicità è un obiettivo alla portata di tutti gli uomini. essi, infatti grazie alla saggezza pratica che presiede alle virtù etiche possono riuscire a dominare con la ragione gli impulsi sensibili, trovando, in ogni occasione, il giusto mezzo tra gli eccessi e gli strumenti per ottenere i fini giudicati buoni. Alla trattazione dell'etica si connette strettamente quella della politica aristotelica, in quanto il compito di quest'ultimo è quello di assicurare ai cittadini le migliori condizioni di benessere materiale e spirituale. Aristotele di cui non registra la crisi profonda valido per tutti, ma analizza le costituzioni esistenti per rintracciare quei principi generali che possono rendere migliori le varie forme di governo. Queste ultime tre: la monarchia, l'aristocrazia, e la politeia, le quali possono degenerare nel momento in cui perdono di vista l'interesse generale della comunità, dando origine rispettivamente alla tirannide, all'oligarchia e alla democrazia. Aristotele reputa la politeia la migliore forma di governo, perché ha una costituzione mista, che sa combinare insieme le caratteristiche della democrazia e quelle dell'oligarchia.

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                                                        LA POETICA 
Aristotele individua una duplice funzione dell'arte: conoscitiva e catartica. Per quanto riguarda la prima, egli ritiene che si fondi sulla tendenza naturale degli uomini alla rappresentazione della realtà mediante le parola, i suoni e le immagini. L'arte costituisce per lui la prima forma di conoscenza della realtà, e, proprio perché connessa alla conoscenza, risulta fonte di piacere e di gratificazione.
Per Aristotele l'arte è imitazione; tuttavia, essa colloca le vicende di cui si occupa in un sistema coerente e dotato di significato universale. Il valore del testo poetico risiede proprio nella capacità di trasferire gli avvenimenti o gli oggetti su un piano che trascende la situazione contingente in cui essi si sono svolti o manifestati, rendendoli comprensibili da tutti gli uomini. 
A questo proposito Aristotele afferma che l'arte non ha come oggetto il ''vero'', ma il ''versimile'', non quello che accade, ma quello che potrebbe accadere ''secondo verosimiglianza e necessità''. L'artista, non riproduce un caso particolare, ma ciò che potrebbe verificarsi in tutti le situazioni analoghe a quelle che si accinge a narrare. Per questa sua peculiarità, l'arte è simile alla filosofia: coglie l'essenza delle cose, il loro significato profondo e universale; inoltre, rispetto alla storia, la poesia consente una maggiore chiarezza intellettuale e un approfondimento morale degli avvenimenti narrati. 
Al di là di quella conoscitiva, Aristotele riconosce all'arte anche un'altra importante funzione definita ''catartica'' e consistente nella capacità di liberare e ''purificare'' l'uomo dalle passioni. Assistendo alla loro rappresentazione sulla scena, infatti, gli spettatori provano una sorta di ''identificazione'' e nello stesso tempo di ''sfogo'' delle proprie passioni individuali che diventano, così, meno nocive e insidiose.
La logica
Aristotele negli scritti di logica risponde a un quesito raccolto nell'Organon, in cui cerca appunto di offrire un quadro organico e articolato degli elementi e delle regole che presiedono ai ragionamenti corretti. Egli parte dalla definizione dei concetti, le unità minime dotate di significato, e dalla loro classificazione in base all'estensione e all'intensione. In secondo luogo analizza la struttura delle proposizioni in particolare di quelle dichiarative. Solo queste rientrano nel dominio della logica, potendo essere giudicate vere o false. Tali proposizioni sono quattro:
  1. universali affermative
  2. universali negativeù
  3. particolari affermative
  4. particolari negative 
Tra esse possono sussistere vari tipi di relazione, le più importanti delle quali sono quelle di contraddittorietà e contrarietà. In terzo luogo Aristotele passa a considerare i ragionamenti veri e propri, distinguendoli in due grandi tipologie: i ragionamenti deduttivi e quelli induttivi. I primi coincidono con il sillogismo, che è un'argomentazione in cui a due premesse valide segue una conclusione necessaria. Perché un sillogismo sia vero, oltre che valido dal punto di vista formale, occorre che le premesse siano vere; in caso contrario si può avere un sillogismo valido ma falso. Ne consegue il problema dellagiustificazione dei principi primi, fondamento della catena di dimostrazioni successive e quindi delle varie scienze. Aristotele lo risolve affermando che i principi primi vengono colti attraverso un atto intuitivo dell'intelletto e convalidanti dalla capacità confutatoria della dialettica


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lunedì 30 aprile 2018

Platone 2

 PLATONE

La visione politica e il problema educativo
Platone ha individuato quattro virtù fondamentali dell'individuo, la saggezza, il coraggio, la temperanza e la giustizia, virtù che egli attribuisce alle diverse classi sociali che compongono lo Stato. La giustizia è il tema centrale di uno dei dialoghi più importanti di Platone, la Repubblica. E' un dialogo in dieci libri composto tra il 380 e il 370 a.C.. Platone suggerisce di seguirlo nell'elaborazione di un modello di Stato perfetto, uno Stato utopico, cioè che non è mai esistito, ma che può servire come punto di riferimento per i cittadini e i politici.
Platone propone un modello di Stato ideale strutturato in tre classi, dei governanti, dei guerrieri e dei lavoratori. I governanti hanno funzione di comando, i guerrieri hanno funzione di difesa militare e i lavoratori  hanno il compito di provvedere ai bisogni materiali.
Platone teorizza inoltre l'aristocrazia come forma ideale di governo che coincide con il governo dei migliori, ossia dei filosofi che conoscono e perseguono il Bene. Dall'aristocrazia si differenziano varie forme corrotte di governo, la timocrazia, l'oligarchia, la democrazia e la tirannide. La timocrazia è il governo degli uomini che pongono al vertice della considerazione l'onore. L'oligarchia è il regime fondato sul censo in cui solo chi è ricco ha potere. Nella democrazia la grande massa dei poveri prevale sui ricchi e si impadronisce del potere. La tirannide è la forma più spregievole di governo in quanto il tiranno prende il potere con la forza e poi è costretto a liberarsi di ogni persona saggia e intelligente per circondarsi di gente sempre più vile.
Per Platone il governo della città deve essere affidato a coloro che sono sapienti, cioè ai filosofi. Ai governanti spetta il compito di evitare un conflitto sociale, gli unici che possono garantire un simile risultato sono i folosofi. Il progetto educativo che elabora Platone per il filosofo mira alla ricerca della Verità e del Bene. Per i bambini l'educazione elementare si fonda sulla ginnastica, sulla musica e sulla matematica. All'età di 18 anni il giovane viene avviato al servizio militare e dopo due anni si accosta allo studio delle scienze. A 30 anni i giovani migliori possono studiare la filosofia, in particolare il metodo dialettico. Dai 35 ai 50 anni i filosofi partecipano attivamente alla vita politica. A 50 anni coloro che avranno superato tutte le prove potranno finalmente accedere al governo della città. 
Platone nel VII libro della Repubblica espone il mito della caverna, secondo cui gli esseri umani sono come prigionieri incatenati fin dalla nascita in una caverna costretti a volgere le spalle all'entrata. I prigionieri vedono le ombre di persone che portano statue, figure di animali e altri oggetti in legno o pietra proiettate sul fondo della caverna. 
Platone guarda l'arte con sospetto in quanto è negativa e diseducativa per tre motivi:
- propone modelli di comportamento immorali e frivoli;
- allontana dal vero perchè è imitazione di imitazione;
- è frutto della divina ispirazione e dunque attenua la capacità di giudizio.


La cosmologia e il fondamento delle leggi
Secondo Platone nell'universo regna un ordine perfetto dovuto a un divino artefice che chiama demiurgo, una divinità buona, intelligente e priva di invidia. Il demiurgo ha plasmato il mondo visibile sul modello di quello soprasensibile e ispirandosi all'idea del Bene ha modellato la materia caotica primordiale. L'ha poi trasformata in un organismo vivente governato da un'anima del mondo. Inoltre ha conferito ordine agli eventi naturali attraverso il tempo che è un'immagine mobile dell'eternità. 
Tra il Timeo e le Leggi vi è una continuità ideale. Le Leggi è la più lunga e ultima opera di Platone che poi è stata pubblicata da Filippo di Opunte e divisa in dodici libri. In tale opera Platone raffigura una legislazione che ha lo scopo di regolamentare la vita dei cittadini. Le Leggi hanno due funzioni, quella costrittiva e quella educativa. Da una parte prescrivono quale deve essere la miglior condotta dei cittadini e dall'altra devono essere una guida per i giovani per diventare buoni cittadini. Le pene devono essere viste come correzione dell'errore e con lo scopo di redimere l'uomo. Lo scopo delle Leggi è quello di realizzare nella città degli uomini lo stesso ordine divino che regna nel cosmo. La città fortezza è libera da corruzione e decadenza, e in essa vi è un numero limitato e stabile di cittadini, la condanna di ogni comportamento asociale e l'organo dei "Custodi della legge", garante del rispetto delle norme.

















mercoledì 7 marzo 2018

Platone 1

Platone
Platone era uno dei massimi pensatori di tutti i tempi, a cui dobbiamo l'elaborazione di gran parte dei temi, dei concetti e del lessico della filosofia. Lui era destinato all'impegno politico-amministrativo. Platone istruì l'Accademia
Il nome deriva dal luogo in cui la scuola fu fondata nel 387 a.c., ossia il parco dedicato all'eroe greco. Platone si concentrò all'interno della scuola, la quale costituiva un centro di ricerca scientifica. 
L'Accademia era infatti un'associazione religiosa ma soprattutto un importante luogo di studi. Essa aveva il compito di istruire uomini capaci di orientare le scelte politiche.
 
 La ricerca di un criterio di verità solido e incontrovertibile
 Platone inizia la sua ricerca proprio dal punto di vista in cui era arrivato Socrate. Quest'ultimo diceva che se l'anima conosce ciò che è bene nelle varie circostanze, non può commettere il male. Il problema che si pone ora Platone è quello di stabilire che cosa siano il bene e i valori assoluti a cui deve ispirarsi il sapiente e in che modo si possa giungere a conoscerli. Il filosofo riconosce che i sensi non consentono di pervenire a un'idea unica e oggettiva del bene. Infatti, c'è chi ripone il bene nel piacere, chi nell'assenza di sofferenza, chi nella buona salute.
Il suo ragionamento è di questo tipo: quando affermiamo ''Socrate è buono'', ''gli dei sono buoni'', noi attribuiamo uno stesso predicato , ''buono'' , a differenti soggetti. Possiamo dire ''Socrate è buono'' e ''gli dei sono buono'' in quanto esiste l'idea assoluta di Bontà. Se non ammettessimo l'esistenza di paramenti oggettivi cui fare riferimento nel giudicare le cose, non potremmo pronunciare nessuna affermazione avente un valore universale. Tali paramenti sono costituiti dalle idee, criteri di conoscenza ,ma anche causa e fondamento della realtà.

La seconda ''navigazione''
Il filosofo sostiene di aver compiuto una seconda ''navigazione'' sospinto dalla ricerca dei filosofi naturalisti, per poi intraprendere, deluso da quella, una navigazione basata soltanto sulle proprie forze, che lo conduce alla scoperta del mondo delle idee. Secondo lui non è possibile che le cause materiali dei fenomeni siano solo cause ''ausiliarie''. In altre parole il filosofo comincia a domandarsi se la causa di ciò che è sensibile, mutevole non possa essere qualcosa che trascende il sensibile stesso e che abbia le caratteristiche dell'immutabilità, dell'eternità. Platone spiega, se ad esempio ci chiediamo perché Socrate si trovi in carcere, possiamo individuare delle cause materiali e meccaniche come il fatto che Socrate ha un corpo e dei muscoli che gli permettono di raggiungere fisicamente quel luogo, ma il vero perché, la ragione per cui Socrate è in carcere è di ordine morale: egli ha deciso di accettare il verdetto dei giudici e di sottostare alle leggi dello Stato, giudicando che questo fosse il bene. 
Lo stesso ragionamento vale per tutte le altre realtà: ciò che fa si che ogni cosa sia come deve essere e come è bene che sia.
    Le idee e la loro natura
Le idee di cui parla Platone sono vere e proprie entità di natura differente rispetto al sensibile e indipendenti dalla nostra mente: esse costituiscono i criteri di verità delle cose e anche la loro ''causa'', la ragion d'essere di tutto ciò che esiste. 
Nella visione platonica le idee sono sostanze immutabili e perfette. Platone le definisce ''incorporee'', ''espressione piena dell'essere'', ''in se e per sè'', ossia non relative al soggetto ma aventi una natura assoluta. 


Il rapporto tra le idee e le cose
Platone parla di una relazione di mimesi, sostenendo che le cose imitano le idee, come ad esempio paradigmi o modelli. 
Lui parla anche di una relazione di partecipazione, nel senso che le cose sensibili partecipano in qualche modo della perfezione delle corrispettive idee nel mondo ideale
Infine lui parla di presenza delle idee nelle cose, nel senso che il mondo sensibile non è che una rivelazione o espressione visibile di quello ideale.  

La classificazione delle idee
Le idee che si pone Platone si dividono in due grandi tipologie:
- le idee di valori morali, estetici e politici come quelle del Bene, della Bellezza e della Giustizia.
- le idee di enti geometrico-matematici, come il numero, il cerchio, la linea e il triangolo.
 Esistono anche idee di oggetti naturali e di oggetti artificiali o manufatti
Nelle opere della maturità Platone giunge alla tesi che a ogni realtà sensibile deve corrispondere una forma ideale. Platone ritiene che ci sia una gerarchia di valori alla base della struttura ideale al cui vertice si colloca l'idea del Bene. Insiste anche sul fatto che le idee costituiscono un mondo ordinato a cui dobbiamo far corrispondere il nostro pensiero se vogliamo pensare in modo corretto e veritiero. Il Bene di Platone rappresenta qualcosa di "divino", come le stelle, gli astri e l'anima, e soprattutto non crea le idee, che sono eterne, trasmettendo loro la sua perfezione.
Il Bene è come il sole, la cui luce permette di vedere tutte le cose, e costituisce l'armonia e la ragion d'essere del tutto, quello che dà valore a tutte le altre cose.

 Il superamento di Parmenide
Il mondo delle idee platonico ha alcuni caratteri tipici dell'essere parmenideo, le idee sono eterne, incorruttibili e immutabili. La tesi sostenuta da Parmenide era che solo l'essere è, mentre non essere non è, e affermava che l'essere è unico e immobile. Platone si rendeva conto che questa posizione è insostenibile e dice che bisogna avere il coraggio del "parricidio", cioè di uccidere il "padre" Parmenide, non facendo il suo stesso errore di guardare all'essere come a qualcosa di statico. Questa è una svolta importante perchè per la prima volta si afferma che l'essere è molteplicità e relazione. Il mondo reale è una dimensione articolata e complessa formata da una pluralità di idee gerarchicamente organizzate e variamente connesse tra di loro.
Nel Parmenide Platone afferma che l'uno non può esistere in maniera assoluta, quindi escludendo la molteplicità. Platone affermava che ogni idea è identica a se stessa, ma diversa da ogni altra idea.L'errore di Parmenide è stato quello di confondere la "diversità" con il "nulla". Secondo l'analisi platonica anche il non essere partecipa all'essere.
Platone rileva come ogni idea sia in uno stato di "quiete", considerata in se stessa, ma di "movimento" se vista in relazione alle altre idee.
L'idea può entrare in relazione con altre idee in virtù di cinque generi sommi, che sono:
- l'essere;
- l'identico;
- il diverso;
- la quiete;
- il movimento.
Platone risolve uno dei problemi più ardui della filosofia precedente, quello del nulla, considerando il non essere come "diverso". Con lui l'essere viene inteso come possibilità e relazione.